I due corpi esanimi s’accasciarono per terra affogando nella pozza del loro stesso sangue e l’esecutore, girandosi verso Bala, che ancora si guardava tremante il braccio senza mano, estrasse il revolver dalla fondina interna puntandolo verso l’ultimo bersaglio. Caricò il colpo, sogghignò divertito e, mirando attentamente, premette il grilletto. Il proiettile s’avventò verso Bala e s’infranse sul lato destro del suo collo, entrando ed uscendo dalla parte opposta. Bala cadde in ginocchio e con la mano rimasta cercò di stringersi la ferita causata dal proiettile. Con la lingua uscita per la straziante agonia, vide apparire davanti a lui l’uomo in nero che rifoderava il revolver e la spada nel fodero di cuoio che portava al cinturone sotto il cappotto. Alzò gli occhi e lo fissò, con lo sguardo di chi cerca pietà. L’uomo in nero aveva capito.
- Rimembri, stolto!?- disse sarcasticamente a Bala – Chi da dolore avrà dolore e chi da morte…- continuò ghignando divertito afferrando l’accetta, che teneva in una fondina nascosta internamente al cappotto, e gliene diede un colpo in mezzo agli occhi. L’accetta affondò nel mollame della materia cerebrale, che gli schizzò in volto, e finì la sua frase- di morte cocente perirà!- detto questo tirò fuori l’accetta con veemenza, lasciando uno squarcio spaventoso nel viso di Bala, di cui il corpo cadde pesante e sbatté al suolo, con il sangue che zampillava ancora da tutte le ferite.
Rifoderò anche l’accetta e si girò lesto verso la donna accasciata a terra, che muta e senza un minimo di rumore aveva assistito all’intera scena.
Si accostò a lei e delicatamente le sollevò il capo. La ragazza, al culmine delle forze, gli regalò un tenero sorriso di ringraziamento e si abbandonò sulla mano dell’uomo.
Egli rimase folgorato dalla sua divina bellezza, folgorato da quegli occhi focosamente gelidi. Raccolse la ragazza e se la caricò tra le braccia. Cominciò a dirigersi in direzione della carovana, perdendosi ogni tanto nel candore della sua pelle e nella sua delicatezza.
Dopo un paio di minuti fu alla carovana. Per terra stava il corpo esanime di Glemo, senza testa. Due carri con rete ferrata coperta da un panno di lana trainate da due cavalli ciascuna trasportavano donne, almeno due dozzine, ammassate come animali e sotto chiave. Due uomini per ogni carro, dei quali uno conduceva e l’altro teneva a bada le donne, guidavano la carovana. Solo uno dei quattro era ancora vivo, ma con una profonda ferita da taglio alla gamba destra, gli altri erano stati assassinati da Bala e i suoi amici e giacevano inermi ai loro posti, colanti di sangue.
Uno dei due carri era aperto. Si udivano le grida disperate di aiuto delle donne. L’uomo in nero s’avviò verso il carro aperto e diede un’occhiata dentro. Vedendolo con il corpo nudo e insanguinato della ragazza che trasportava le donne ebbero un sussulto di paura e cominciarono a strillare.
- BASTA TI PREGO! VOGLIO ANDARE VIA! LASCIACI STARE! ABBI PIETA’!- urlavano tutte insieme versando fiumi di lacrime e all’udire quella urla di paura, le donne nell’altro carro caddero in preda al panico più di quanto già non lo fossero, cominciando una sinfonia stridula ed insopportabile.
Erano tutte semi nude, coperte solo da un velo, bianco, rosso o nero, come quello che aveva la ragazza.
L’uomo afferrò la sua accetta con la mano destra, tenendo ben salda la donna cingendola in vita col braccio sinistro, e strappò parte del panno di lana che copriva la gabbia ferrata. Al suo gesto strilli e urla aumentarono d’intensità. Ne tagliò un bel pezzo, lungo per tutto il lato sinistro del carro, e lo distese a terra, seguito dallo sguardo di tutte le prigioniere e accompagnato da quella fastidiosissima sinfonia di urla, dopodiché ripose l’arma. Su di esso poggiò delicatamente la ragazza, che tremava dal freddo.
- Aiuto...aiutami amico!- diceva il carovaniere, un mercante ben vestito. Aveva una tunica di seta blu ornata da fili d’oro ed un manto, anch’esso di seta, rosso orlato d’oro, con un cappuccio. Gioielli costellavano la sua figura. Era avvolto da un’espressione di dolore, causatogli dalla ferita alla gamba.
- Aiutami e sarai ripagato!- disse il mercante- avrai due delle mie schiave, quelle che vuoi! Sono state educate bene, amico!- si abbandonò ad una risata dolorante - Sapranno soddisfare ogni tuo desiderio…sono abituate ad obbedire, poiché hanno assaggiato la frusta!-.
L’uomo in nero si diresse verso di lui. Non appena gli fu vicino si abbassò afferrando il suo manto.
- CHE FAI!?- urlo il mercante, ma l’uomo in nero non rispose. Tirò e gli sfilò il manto che l’avvolgeva, rompendo la cordicella dorata che glielo teneva addosso in prossimità del cappuccio.
- Vuoi pure questo!? Va bene, va bene…prendi tutto ciò che vuoi! Anche le mie monete d’oro! Basta che mi aiuti!- continuò il mercante, che si stringeva la ferita tentando di bloccare il sangue che fuoriusciva.
Tornò verso la ragazza distesa per terra e la coprì col manto del mercante, mentre continuava a perdersi nel suo splendore.
Si diresse nuovamente verso il mercante e quando gli fu vicino cominciò a squadrarlo dalla testa ai piedi. Era un uomo di media statura, piuttosto grasso e di mezza età, dai capelli corti e neri, con una barbetta ben colta che gli copriva il viso.
Lo guardò fisso negli occhi e gli disse – Frusta!? Hanno assaggiato la frusta!? – si prese una pausa e sputò vicino la faccia del mercante che, vedendo l’uomo in nero contrariato da quello che aveva appreso, era piuttosto spaventata.
- Mi fai ribrezzo! Vorrei tanto prenderti a colpi di frusta io stesso! Ma non sta a me farlo…eheh!- continuò ghignando divertito.
Il mercante cominciò allora a piangere e strisciando come un verme, lurido, viscido e codardo, la sua testa ai piedi dell’uomo in nero lo supplicava – Ti prego mio signore, abbi pietà! Abbi pietà di me! Prenditi tutto ma non uccidermi, ti scongiuro…-
- Ucciderti!?- ribatté l’uomo in nero – No…non voglio farlo! Non io -.
- Grazie mio signore…che Dio vi benedica! – disse il mercante, sollevato.
- Osi parlare di Dio!? Tu!? Essere disgustoso!- ribatté l’uomo in nero.
Poi si diresse verso il carro aperto, dove le donne erano ormai quasi del tutto tranquille, avendo capito che quell’uomo non aveva cattive intenzioni verso di loro.
Si fermò davanti l’apertura del carro e guardò fisso tutte quelle donne incatenate ed immobili.
- Lascerò che siano loro a decidere cosa sarà di te! Quale sarà la tua sorte, lurido verme! – Disse l’uomo in nero, che nel frattempo con lo sguardo tranquillizzava tutte le fanciulle.
- COSA!? NON STARETE MICA SCHERZANDO!?- urlò incredulo il mercante.
- Scherzare!?- ghignò divertito l’uomo in nero – No…e chi scherza!?-.
Erano sedute sei da un lato e cinque dall’altro. Le mani erano incatenate tramite una catena, una per ognuna di loro, che passava dalle grate di sopra. I loro arti restavano a mezz’aria e chissà per quanto tempo erano rimaste in quel modo. Una delle catene era stata forzata, sicuramente lì era tenuta la ragazza che adesso era inerme al suolo.
Guardò nuovamente il mercante e si diresse pian piano a lui. Gli si accostò e gli disse – La chiave, gentilmente! –
Il mercante lo guardava attonito.
- Non abbiamo chiavi!- disse – Le catene vengono forzate una volta a destinazione, per evitare che quelle sgualdrine scappino!-
- Bene…- disse l’uomo in nero allontanandosi - …farò a modo mio!-
Salì in cima alla gabbia e strappò via il panno che la ricopriva. Il gesto fu accolto da un sussulto da parte delle fanciulle.
Estrasse l’accetta e disse – Attente di sotto, signore! Non vorrei che qualcuna di voi si facesse del male a causa mia! Mettetevi in piedi sui vostri sedili e poggiatevi sulla grata alle vostre spalle! Presto sarà tutto finito!-.
Le donne obbedirono e pochi attimi dopo che l’uomo finì di parlare cominciò colpire le catene a colpi d’accetta. Ad ogni colpo una catena crollava, accompagnata dal suo pesante tonfo.
Man mano che si liberavano le donne uscivano e si dirigevano alcune all’altro carro, tranquillizzando le loro compagne di sventura, e altre in soccorso della ragazza dai capelli rossi. L’uomo in nero balzò giù ed in un paio di secondi fu sopra l’altro carro, dove ripeté lo stesso processo.
Cominciò a strappare strascichi di panno dalla copertura dei carri, dandone uno ad ogni fanciulla tremante.
Il mercante, zitto e coatto, intravide la sua pistola ad un paio di metri e con quelle poche forze che si ritrovava tentò di trascinarsi fin lì. Stava per agguantare l’arma, oramai ad una decina di centimetri, quando la sua mano venne calpestata.
- ARGHHH - urlò il debole mercante ed alzando gli occhi vide che a calpestargli la mano non era l’uomo ma bensì una delle schiave, con i suoi sandali malandati stracolmi di terriccio e pietruzze.
Ella si chinò e raccolse l’arma.
- Lurido cane- disse la schiava, dai capelli biondi, mossi e lunghi e dagli occhi castani, di giovanissima età – Dovrei premere il grilletto, ma sarebbe troppo poco per ciò che ci hai fatto passare!-
- Signore, ascoltatemi!- cominciò l’uomo in nero attirando l’attenzione di tutte le donne e del mercante – A circa un chilometro a nord sorge il villaggio di Trona. Dirigetevi lì! Troverete delle brave persone ad accogliervi!-.
Detto questo scese giù e si diresse in mezzo a loro. Prese una delle funi che erano nei carri. Legò un’estremità ai piedi del mercante, che si brontolava borbottando qualcosa di indecifrabile, sotto gli occhi incantati delle fanciulle, ammaliate dal loro salvatore, e l’altra estremità alla parte posteriore del carro più vicino a lui.
Alcune delle fanciulle si avvicinarono ai cadaveri degli altri mercanti sputandogli addosso e imprecando contro di loro in lingue diverse. Altre fecero altrettanto con il mercante vivo ed altre ancora erano immobili ad ammirare ogni singolo movimento dell’uomo in nero.
Prese in braccio la ragazza dai capelli rossi e la adagiò all’interno del carro, assicurandosi che fosse stata comoda al massimo di quanto poteva esserlo in quel carro di legno e metallo. Dopo averla adagiata la ragazza ebbe un sussulto e aprì gli occhi. I due sguardi s’incrociarono ed ella vide quegli occhi, cupamente azzurri, del suo salvatore. Dopo un altro sorriso chiuse nuovamente gli occhi e si addormentò cullata da quello sguardo.
L’uomo in nero uscì dal carro, strappò un altro brandello di panno e gli sputò sopra avvicinandosi al mercante. Si calò su di lui e lo bendò violentemente.
- Sei lo schiavo delle schiave adesso!- gli disse – Faranno di te ciò che vorranno, a me non riguarda! Personalmente, però, tu sai cosa spero, vero!?-
Il mercante si dimenava e imprecava contro di lui.
- E’ nelle vostre mani adesso, signore! Fatene ciò che più vi aggrada!-
Frugò il corpo del mercante strisciante per terra e ne rinvenne, dal cinturone, una piccola sacca che conteneva alcune monete d’oro e poche pietre preziose, che si ficcò in una tasca interna del cappotto. Afferrò i cadaveri dei mercanti e di Glemo, uno per volta, e li caricò sul carro dove non era legato il mercante, infine vi montò sopra.
- Sempre verso nord! Arriverete a Trona! Una volta lì sarete al sicuro! Fra qualche giorno partirà una carovana che farà il giro dell’isola prima di salpare per il continente! Avete il tempo di riprendervi e tornare da dove venite!-
Una delle donne, alta, snella, dai capelli scuri e lunghi, circa sulla trentina, gli chiese – A chi dobbiamo la nostra vita? Qual è il vostro nome, o mio signore?-
- Il mio nome non è importante! Chi sono non è importante! Adesso andate. Addio!- Detto questo diede una strigliata ai cavalli e si diresse verso il luogo dove aveva affrontato Bala e gli altri.Le donne lo videro sparire senza più voltarsi.